Quanto è importante la sostenibilità? Tantissimo, soprattutto a parole.
Oggi non si investe in sostenibilità a causa della sua insostenibilità.
Qualche anno fa circolava su internet una bellissima vignetta, che evidenziava graficamente quanto emerso tramite Google Ngrams circa l’uso della parola «sostenibile». In particolare, è stata analizzata la frequenza di utilizzo di questa parola rispetto al numero complessivo di parole utilizzate nei testi letterari e scientifici in lingua inglese nel corso degli anni.
Ipotizzando, dunque, lo stesso andamento incrementale registrato dal 1960 ai giorni nostri, nel 2036 incontreremo la parola «sostenibile» almeno una volta per pagina, nel 2061 una volta per frase, fino ad arrivare al paradosso del 2109 in cui l’inglese sarà di fatto un nuovo idioma formato unicamente dalla parola «sostenibile» ripetuta più e più volte.
Al di là della possibile insostenibilità linguistica, c’è un altro paradosso in cui la transizione ecologica sembra essersi concretamente arenata, quanto meno a livello aziendale. Se l’importanza di avviare un percorso di sviluppo sostenibile è ormai un concetto noto a tutte le imprese, l’urgenza di muovere i primi passi verso il cambiamento è paralizzata dalle emergenze quotidiane che le aziende vivono in questo preciso momento storico.
Gli investimenti verso la sostenibilità vengono sospesi o posticipati perché il caro bollette, la scarsità di materie prime o la carenza di personale qualificato sono la reale cogenza con cui gli imprenditori si trovano a fare i conti ogni giorno. Ma la crisi energetica, la dipendenza dalle fonti fossili, la precarietà delle catene di fornitura, la difficoltà di attrarre, formare e trattenere talenti sono tante facce o sfaccettature della stessa medaglia.
La sostenibilità nella sua accezione olistica di environment, social e governance propone un modello di crescita capace di soddisfare i bisogni futuri oltre che quelli attuali, mettendo in equilibrio il rispetto del pianeta, i bisogni delle persone e le ragioni del profitto.
Il nostro sistema è talmente concentrato a prendersi cura dei sintomi da non avere la forza di mettere a fuoco e tentare di risolvere la vera causa del problema.
L’attuale quotidianità di una impresa è fatta di caro bollette, mancanza di personale e forniture che non arrivano da chissà quale parte del mondo. In questo corto circuito gli sforzi e le finanze di una impresa finiscono – peraltro giustamente – nella risoluzione di quello che sembra essere il vero problema contingente.
Non c’è tempo, non c’è liquidità e non ci sono persone per programmi di medio e lungo periodo, in quella che deve diventare con urgenza una transizione soprattutto culturale, prima ancora che ambientale.
Con il risultato paradossale che oggi non si investe in sostenibilità a causa della sua insostenibilità.
Autore
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Relationship Manager di Warrant Hub – Tinexta Group e coordinatore del progetto Warrant GARDEN (Green Advanced technology Research and Development Economy), che si occupa della consulenza e dell’orientamento in tema di sostenibilità per le imprese. Laureato in Economia e Gestione delle imprese, dopo un’esperienza in ambito bancario, è entrato in Warrant Hub nel 2003, occupandosi dapprima di Business Development, per poi passare allo sviluppo di partenariati e di relazioni con le istituzioni europee nell’ambito di progetti e programmi UE per la ricerca e l'innovazione. Promotore della Digigreen Innovation e autore di diversi articoli sul tema della transizione digitale e verde, è docente dell’Online Certification Program for Digigreen Professionals del MIP Politecnico di Milano e del Master Executive SUSTMAG di Unitelma Sapienza. Da gennaio 2021 è membro del comitato tecnico scientifico di MADE – Competence Center Industria 4.0.
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