Materie Prime Critiche, la sfida dell’economia circolare.

La produzione industriale italiana dipende,  per un terzo del PIL                 dall’importazione di materie prime critiche extra-UE

L’Italia, è a rischio approvvigionamento di materie prime critiche (CRM, Critical Raw Materials) essenziali per lo sviluppo di settori ritenuti strategici per l’economia del Paese. La produzione industriale italiana dipende, infatti, per €564 miliardi (pari a circa un terzo del PIL al 2021) dall’importazione di materie prime critiche extra-UE. 

Uno scenario aggravato anche dall’attuale contesto di conflitto russo-ucraino: l’Italia importa dalla Russia palladio (35%), rodio (33%), platino (28%) e alluminio primario (11%). 

Sono stati mappati per la prima volta tutti i settori industriali in cui tali materie prime sono coinvolte. Nello specifico, nel nostro Paese, ben 26 CRM su 30 sono indispensabili per l’industria aerospaziale (87% del totale), 24 per quella ad alta intensità energetica (80%), 21 per l’elettronica e l’automotive (70%) e 18 per le energie rinnovabili (60%).Un settore, quest’ultimo che con la transizione ecologica ed energetica è destinato a forti potenziali di crescita della domanda di materie prime critiche, essenziali allo sviluppo dell’industria dell’eolico, del fotovoltaico e della mobilità elettrica. 

Nell’attuale contesto geopolitico di forte instabilità, la concentrazione di materie prime critiche in Paesi terzi rende sempre più urgente un investimento nella produzione domestica di CRM. Con 55,5 milioni di tonnellate prodotte a livello globale nel 2020 e una previsione di crescita al 2030 pari a 75 milioni di tonnellate, i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE), da cui si possono ricavare materie prime critiche, rappresentano un’importante fonte alternativa di approvvigionamento. Diventa, quindi, strategico, migliorare il riciclo dei rifiuti tecnologici in Europa (maggior produttore di rifiuti elettronici, con una quantità pro capite pari a 16,2 kg), ma soprattutto in Italia, se si considera che nel 2021 solo il 39,4% è stato riciclato correttamente, a fronte di un target europeo da raggiungere del 65%. Lo stesso vale per pile e accumulatori, per cui il nostro Paese è tra gli ultimi classificati in Europa con il 43,9%. 

Se l’Italia raggiungesse il tasso di raccolta dei best performer europei (70-75%), si potrebbero recuperare 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche, pari all’11% di quelle importate dalla Cina nel 2021. Al contrario, con l’attuale tasso di raccolta, al 2025 non sarebbero recuperati circa 280 mila tonnellate, pari ad una perdita di 15,6 mila tonnellate di materie prime critiche. L’aumento del tasso di raccolta dei RAEE genererebbe, inoltre, notevoli benefici ambientali, con una riduzione di quasi 1 milione di tonnellate di CO2, che si tradurrebbero in benefici sociali per la comunità quantificabili in circa 208 milioni di euro. Infine, la maggiore disponibilità di materie prime critiche a sostegno dell’intera economia del Paese ridurrebbe il costo delle importazioni, generando un vantaggio economico pari a quasi 14 milioni di euro.1 

Un esempio virtuoso nel settore del recupero di materia prima seconda è quello di DISMECO SRL, un’azienda specializzata nello smaltimento e trattamento dei RAEE – Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche. L’attività attorno a cui ruota la vita di DISMECO è il trattamento ed il recupero di materiali dalle diverse tipologie dei RAEE, ricercandone la massima resa in termini di materie prime tramite le soluzioni tecnologiche impiantistiche più appropriate per ciascuna tipologia. Particolarmente innovativo risulta un impianto di movimentazione e preselezione a forte automazione – totalmente ingegnerizzato da DISMECO – che consente d’intervenire sulle apparecchiature RAEE estraendone le componenti significative “prima” della fase finale di distruzione, diversamente da gran parte degli impianti tradizionali. La distruzione avviene per triturazione tramite due macchinari in sequenza i cui materiali in uscita passano infine per un sistema di nastri di separazione. DISMECO ha così messo a punto un processo di separazione selettiva delle componenti base dei RAEE: parti interne riciclabili estratte con preselezione manuale; quindi, metalli e plastiche ricavati con sistemi meccanizzati. Ciò consente un recupero ottimale, problema fino ad oggi insoluto negli impianti tradizionali dove, triturando l’intera apparecchiatura senza alcuna preselezione, si produce una miscela indifferenziate di plastiche miste a materiali metallici ed altre impurità. Grazie a questa selezione, i metalli e le plastiche sono funzionali ad un reimpiego nella produzione industriale di manufatti per cui si richiedano materiali con specifiche ed omogenee caratteristiche. Un altro esempio sono le lampadine a basso consumo, lampade “neon” a tutti gli effetti (anche se di formato diverso dai classici tubi neon), che vengono separate in un macchinario dedicato nei loro componenti fondamentali come vetro, polveri fluorescenti presenti all’interno, contatti metallici nonché i piccoli circuiti elettronici d’alimentazione. I componenti contenuti nello “zoccolo” cilindrico delle lampadine risultano, al termine del processo meccanico, in forma di frantumato che viene avviato con altri materiali elettronici di recupero ad impianti dotati di tecnologia atta a separare i vari componenti metallici presenti (rame, alluminio, ecc.) dalla plastica, che a sua volta andrà in gran parte ad alimentare impianti di termovalorizzazione. Questo è solo un esempio di come, con un maggiore impegno in termini di tecnologie impiegate, si possano trarre risorse come metalli ed energia da materiali di risulta che precedentemente finivano nelle discariche in quanto ritenuti irrecuperabili. 

La propensione dell’azienda all’innovazione è testimoniata anche dalla sua partecipazione a diversi progetti di ricerca collaborativa. DISMECO, infatti, è tra le 6 aziende italiane che partecipano al Progetto Europeo SUNRISE5, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma Horizon2020, per efficientare il riciclo del polivinilbutirrale (PVB) dal vetro laminato. Il vetro stratificato si ottiene incollando strati di vetro mediante un intercalare polimerico, il polivinilbutirrale (PVB) il cui utilizzo nei materiali da costruzione è in continua crescita, tanto da rendere necessario un intervento a fine ciclo vita. In Europa, il corretto riciclaggio di tutti i rifiuti di vetro da costruzione potrebbe evitare 925.000 tonnellate di rifiuti in discarica ogni anno. Finora, la maggior parte del materiale PVB post-consumo in vetro stratificato viene incenerito/smaltito e solo un 9% viene riciclato in usi secondari. Il partenariato del progetto conta associazioni e aziende nel campo del riciclaggio del vetro e tra i principali esperti nel trattamento meccano-chimico del PVB e dei sistemi ottici in linea. I partner industriali convalideranno l’idoneità dei prodotti finali sul mercato. Saranno inclusi altri aspetti transdisciplinari, tra cui la modellizzazione, la salute, la sicurezza e le questioni ambientali, la diffusione, l’utilizzo e la standardizzazione. Il progetto SUNRISE si prefigge di aumentare il mercato europeo di 360 milioni di €/anno attraverso la corretta raccolta e recupero di 1.250.352 tonnellate/anno di vetro stratificato, che eviterà sprechi di PVB di oltre 125.000 tonnellate, rappresentando vantaggi a livello economico, ambientale e sociale. 

 

Tratto dal rapporto annuale ”GreenItaly 2022″ di Symbola e Unioncamere

 

 

Note: 

  1. The European House Am- brosetti (2022), Gli scenari evolutivi delle materie prime critiche e il riciclo dei prodotti tecnologici come leva strategica per ridurre i rischi di approvvigionamento per l’Italia, Position Paper, giugno 2022.
  2. Studio presentato a giugno 2022 e commissio- nato da Erion, il più im- portante Sistema multi-consortile italiano di Responsabilità Estesa del Produttore per la ge- stione dei rifiuti associati ai prodotti elettronici 

Autore

  • Paolo Neri

    Relationship Manager di Warrant Hub – Tinexta Group e coordinatore del progetto Warrant GARDEN (Green Advanced technology Research and Development Economy), che si occupa della consulenza e dell’orientamento in tema di sostenibilità per le imprese. Laureato in Economia e Gestione delle imprese, dopo un’esperienza in ambito bancario, è entrato in Warrant Hub nel 2003, occupandosi dapprima di Business Development, per poi passare allo sviluppo di partenariati e di relazioni con le istituzioni europee nell’ambito di progetti e programmi UE per la ricerca e l'innovazione. Promotore della Digigreen Innovation e autore di diversi articoli sul tema della transizione digitale e verde, è docente dell’Online Certification Program for Digigreen Professionals del MIP Politecnico di Milano e del Master Executive SUSTMAG di Unitelma Sapienza. Da gennaio 2021 è membro del comitato tecnico scientifico di MADE – Competence Center Industria 4.0.

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